giovedì 26 dicembre 2013

Solo una notte

Stavolta non scende dal camino ma sale le scale a passo pesante. Un tonfo dietro l'altro sotto gli scarponi, brevi soste ad ogni pianerottolo poi l'approdo davanti al portone giusto. Qualche secondo per prendere fiato ed impostare l'Oh Oh Oh!, suo cavallo di battaglia.
Emma apre e lo stoppa subito, col dito sulle labbra, indicando la stanza. "Dormono", gli bisbiglia e sorride. "Oh... -annuisce deluso- potevi tenerli svegli un altro po', almeno stasera. Li avrebbe fatti felici vedermi."
Quando si china e sistema due pacchi sotto l'albero lei lo abbraccia da dietro, affondando le mani nella soffice barba bianca. Babbo Natale sussulta, si gira e resta di stucco, la vestaglia si affloscia ai piedi della donna, svelando un corpo da Dea su cui riverberano le lucine degli addobbi. "E a te?, gli sussurra ammaliante, ci ha mai pensato nessuno a farti felice?"

lunedì 25 novembre 2013

Frammento...

Sentirla ridere. 
Emozionarsi.
Sussurrare. 
Godere. 
Pronunciare il mio nome... 
Vivo più di quell'ora rubata alla penombra, che di una vita scaldata al sole.


Penne

Ci sono penne che duran decenni
e l'inchiostro non si vuole esaurire. 
Sono penne che non accettan la fine 
se non han prima scritto d'Amore.


L'arte che si scrive

Non so tenere una penna in mano.
Ho provato ad imparare, con impegno e diligenza, come usarla. 
Ma niente.
Ho solo squarciato fogli e rovesciato calamai.
Piantato l'acciaio acuminato del pennino sul truciolato; sentito per ore il gocciolio lento e assillante dell'inchiostro stillare dal bordo del tavolo, e ingrossare chiazze nere e oleose.
E niente Arte.
Solo rabbia.
Poi, un corpo. Il suo.
La pelle a farsi foglio pregiato, il piacere a farsi inchiostro, le mie labbra a vergare fantasie sempre più audaci e proibite.
La lingua a lasciare umide firme su quei capolavori di carne.
La bacio e sa di buono.
Sa di Arte.
Che si scrive solo così.

sabato 2 novembre 2013

Il Borsalino

Osservava la bianca e spumosa scia solcare lo specchio grigio e increspato del lago. L'aliscafo tagliava l'acqua e il paesaggio, abbrancato al pendio e variopinto come un presepe, si allontanava. E a lui parve sorridesse, sornione e complice.
Era un addio quello, non il solito arrivederci di fine estate.
Lasciava che l'aria fredda del primo mattino gli tagliasse faccia e pensieri. E soprattutto i ricordi. Tanti anni vissuti con la moglie in un menage, a suo dire, perfetto. Poi, come se il Destino si fosse divertito ad abbozzare un romanzetto da due soldi, il viaggio in Africa vinto ad una lotteria; la passione per le manifatture di un villaggio del Senegal. Statuette in avorio, incisioni in legno. I contatti con altri appassionati.
Troppi, contatti. E troppo appassionati.
Rincasò prima del solito quella sera, l'ultima. Il proprietario di un negozio di artigianato esotico, un tipo a suo parere insignificante, assestava frenetici colpi di bacino a sua moglie che gemeva nuda sul tavolo del salotto. Con i calzoni afflosciati ai polpacci ed un cappello in testa ancheggiava dando le spalle all'entrata. Abbandonato nel corridoio uno scatolone da cui spuntavano lunghi cilindri di legno nero intagliati. Ne prese uno sfilandolo dagli altri con cautela, lo soppesò agitandolo a mezz'aria e poi... La sirena di un traghetto lo riportò al presente.

Lo teneva stretto in mano, nascosto sotto il paltò, poi approfittò di una raffica più forte, sollevò il braccio lentamente, come fosse un sacerdote intento in un rito solenne, e lasciò che il vento glielo strappasse facendolo piroettare per decine di metri prima di farlo cadere in acqua. Sorrise alienato. Lo aveva sempre voluto un Borsalino. Ma non quello e non così, sgualcito e imbrattato di sangue.

sabato 19 ottobre 2013

Cento giorni (2) (Drabble)

"Domani?" Ad ogni tramonto facevo la stessa domanda.
"Sì. Domani." E mi davo la stessa fiduciosa risposta.
Lui invece aveva smesso di parlare già il diciassettesimo giorno. Fu la sua fine. Per i successivi otto si limitò a consumare la razione d'acqua e cibo che gli toccava, la stessa che toccava a me; sempre più piccola. Poi si arrese e, crudele a dirlo, le mie razioni aumentarono.
Lo odiai quando vidi che smise di sperare. Ora capisco che devo la vita alla sua codarda rinuncia. 
Cento giorni sperduti in mare. 
Li ricordo tutti. Ho ancora delle razioni. 
E spero. 

Cento giorni (1) (Drabble)

Racconti brevi.
Brevissimi.
Composti con un numero di parole pari alle dita delle proprie mani o tanto lunghi da riempire quaderni, e notti. Drabble, Haiku, canti e poesie. 
Poi sospiri. 
Tanti sospiri. 
Ogni pulsione, ogni guizzo, ogni spasmo agonizzante dei suoi muscoli non era altro che un sussulto della sua anima. Un viaggio astrale. Un desiderio che si faceva parola e riempiva ogni spazio bianco (un pezzo di carta, una nuvola, il lembo di un fazzoletto) e ogni giorno
Ogni parola era un bacio su quel corpo distante ma reale e presente.
Cento giorni, ed ogni giorno era il primo.

venerdì 30 agosto 2013

Rinascere

Se potesse rinascere...
Ad ogni alba riecheggerebbe il suo primo vagito, e si spegnerebbe con l'ultima stella della notte.
Farebbe tutti quegli sbagli che avrebbero potuto rovinargli questa vita. Prenderebbe quegli schiaffi che ti son rimasti appiccicati nel palmo della mano.
Rinascerebbe stavolta con la fronte segnata dagli insulti che hai trattenuto tra i denti. Vivrebbe con le pupille bruciate dal sole, e non con gli occhi comodamente riparati nella penombra (che se ti cala la palpebra poi non la rialzi più).
Rinascerebbe nell'acqua per morire nel fuoco. Ogni volta.
Rinascerebbe, se potesse. Lo farebbe turbandoti per le sconcezze sussurrate e l'impudenza delle sue dita.
Rinascerebbe per ritrovarti. Amarti. Consumarti. Consumarsi. E ricominciare.
Lo farebbe, sì. Fidati, io lo conosco. Ma qui rinascono solo i sogni.

Pensieri, di una Estate che non finisce mai. (a Vale)

E scivolarono su quel corpo, come petali di mille fiori diversi.
Immagina una camera da letto, bianca. Pulita, semplice, essenziale. Leggera. Attraversata dalla fulgida e dolciastra luce del giorno, e dalle ardite e salati fantasie delle notti.
Immagina tutto quel bianco raggiante in cui si staglia, racchiuso in una finestra, il più azzurro dei cieli ed il più rosso dei tramonti; il nero più intenso dei temporali estivi e quello schiarito dal solco luminoso di una stella cadente.
Immagina la tenda gonfiata e sollevata dal vento frizzante del mattino ed un getto che da fuori si riversa su quel corpo prono nudo e sfinito, adagiato sul materasso.
Un getto di petali variopinti che svolazzano nell'aria per poi planare sulla pelle, lambire i tuoi battiti. E per ogni loro tocco un fremito che avverto sulle labbra.
Immagina Tu, ora. Io l'ho già fatto.
 

lunedì 19 agosto 2013

Riflessioni sulle note di una favoletta (Drabble*)

Ricordi quale stella era? La seconda, se non sbaglio. Vero? La seconda. A destra.
Sulla collinetta a picco sul mare, da uno spiazzo, circondato dai cespugli di ginestra, indicavamo il cielo.
Ricordi il passaggio stretto e tortuoso per arrivarci? E testarda ti ostinavi a farlo a piedi scalzi per istigarmi a imitarti? Non ho mai accettato le provocazioni. Né quella né le altre, tutte, presentatesi nel cammino.
Il cammino, già. Era quello, dopo svoltata la stella, sempre dritto. Semplice. Ma chiuso nell'orgoglio mi sono smarrito nella notte.
Ma tu va', lo meriti. Vai sempre dritta.
E troverai il mattino.


*Drabble: componimento di 100 parole

La notte di San Lorenzo (Drabble*)

Non è la notte di chi non alza più gli occhi al cielo, ormai.
Di chi ad essi ha negato la visione di ogni tramonto, di ogni alba, e del tempo che nel mezzo vi scorre.
Di chi si è negato ogni pensiero, non è la notte.
Desideri solcheranno il buio dell'anima. Illusioni illumineranno la ragione per il tempo di un battito di ciglia. Poi sarà tutto oscurità, come prima e come sempre. Poi quel desiderio da esprimere morirà tra le labbra, incompiuto. Sempre troppo complicato da esporre persino a se stessi. Sempre troppo breve il tempo per formularlo.


Drabble: componimento in 100 parole

La partenza

Stavo per andarmene, da solo, quando vidi una ragazza, con la pelle bianca come la neve raggiungermi affannata e tremante nel sottoscala. Ansimò un po’ poi sfilò dalla giacca una custodia metallica.
Un sorriso impaziente, “vedrai vedrai”, e gli occhi arrossati ma di un nero ancora vivo. Tenacemente vivo.
Aprì l’astuccio, tolse due siringhe, sussurrò qualcosa su dei cristalli (non la capii). Srotolò un sacchetto di cellophane, prese dei granuli bianchi e li versò in un cucchiaio. Aspirò con l’ago un liquido da una boccetta e lo schizzò sui granelli che presero a friggere quando scaldò il cucchiaio con la fiamma di un accendino.
La fissai sorpreso e quasi seccato. Cos’è?
Oh, sussurrò, un sogno. Un bellissimo sogno. Ed un viaggio.
Stavo per andarmene da solo. Mi prese il braccio, e partii con lei.

domenica 4 agosto 2013

Il romanzo (Due gocce di sangue)

Erano tempi di crisi. Fogli accartocciati e calamai rovesciati sul pavimento. Nelle chiazze di nero lucido si rifletteva tutto il vuoto delle pareti, e del cielo oltre la finestra.
Non sapeva dove diavolo metter le mani quella mattina. Doveva scriverlo ilromanzodellasuavita. Certo se fosse stata una 'Vita' l'avrebbe scritta da un pezzo, o l'avrebbe fatto qualcuno per lui; uno dei tanti più bravi, di lui.
Si decise. Stese il braccio sul tavolino, serrò il pugno e la punta del pennino affondò nella carne.
Nulla di grave successe. Non perse neanche sangue. Con rammarico notò che ne bastarono due sole gocce per iniziare e finire quel romanzo.
A conti fatti neanche dieci righe.

giovedì 1 agosto 2013

La Regina

Anna fissò il tramonto. Jacques sellò il cavallo, assicurò la spada alle cinghie di cuoio, si avvolse nel pesante mantello e si avviò per il sentiero un'ultima volta. 
Un tempo, felici e spensierati, si giurarono un amore eterno, poi le loro strade si divisero. Anna era bella; troppo, per non attirare le bramose lusinghe di un Re. Divenne Regina ma era tutta passione e niente scaltrezza. Una pedina incantevole mossa da mani avvezze a giochi di potere. Jacques girò l'Europa, era in gamba nel suo lavoro. Non si rividero per anni, poi lei mando a chiamarlo. Voleva solo lui per quel compito.
Jacques varcò la soglia della sua destinazione in una cupa alba di Maggio. Aveva deciso, sarebbe stato il suo ultimo lavoro. Il loro ultimo giorno.
"Vostra Maestà." Il Conestabile, affranto, entrò nella cella. "Il boia è giunto."

Il pirata (tema: il regalo del pirata)*

Il pirata solcò i sette mari settanta volte sette. Conquistò tesori preziosi. Strappò forzieri dalle mani di ammiragli e medaglie dal loro petto. Lese tutte le maestà d'Europa e offese tutte le stelle del cielo.
Sulla schiena un reticolo di cicatrici a segnare una mappa che narrava di solenni battaglie tra i marosi; infime risse di taverna, graffi di puttane, tradimenti e diserzioni. Sulla faccia un sorriso impertinente e negli occhi sprazzi ora crudeli ora malinconici. Ma solo lampi, quest'ultimi, come a ricordare un arrembaggio fallito.
Andò a morire, vecchio e stanco, su uno scoglio nel mezzo dell'oceano. Una massa nuda e rocciosa che non aveva nome ma, celato tra speroni ammorbiditi dalle onde, solo un ricordo. Un bacio dato a una sirena, una notte proibita e lontana di tanti anni prima. Lì aveva sepolto il suo Cuore e lì abbandonò la sua carcassa.
Non c'è il regalo.
No, non c'è. Perchè in questa storia, come nella vita, nessuno ti regala niente.

* Gruppo Facebook Microracconti Segreti

Il pirata e il giustiziere

Bene!, esclamo tra se sfogliando una cartella. Assassino, stupratore di vergini, torturatore; poi predatore, ladro e -mettiamo pure- inquinatore di mari. Ho raccolto materiale sufficiente a procurarti una marea (sollevò ironico un sopracciglio e l'angolo della bocca) di condanne. 
Lo Stato della Florida ti infliggerebbe anni di carcere, poi l'iniezione letale. Io no, preferisco andare dritto al finale. E' deciso: devi solo attraccare al molo, e mi troverai lì.
Facile, fin troppo, riconoscerlo quando scese dal galeone. Il picchiettio della gamba di legno si interruppe mentre attraversava una zona d'ombra. 
Dexter gli passò un braccio attorno alla gola, e strinse. L'ago sprizzò un minuscolo getto liquido.
Lui strabuzzò l'occhio, sorpreso e terrorizzato, poi lo chiuse. Riaprendolo si trovò disteso e legato ad un tavolo. "Liberami. Posso darti un tesoro, ho una mappa che..." No, Barbanera. Stavolta ce l'ho io un regalo per te. Gli sorrise mentre la lama della sciabola luccicò nel buio.

martedì 23 luglio 2013

Il regalo del Pirata*

E vi ho dato i mari. Il cielo a far loro da specchio. 
Ve li ho dipinti con tutte le sfumature del blu. Venti e fulmini per scatenarne le ire; brezze leggere a rasserenarlo. 
Vi ho dato le estati per godervelo e gli inverni per ispirare poeti e pittori. Piantato foreste di Abeti per solcarlo, fino a scoprirne tutti i confini. 
A lui ho immolato vite, sotto il vessillo della fame o sotto una bandiera a teschio. Lasciato inabissare corpi e velieri; posto leggendari fantasmi a custodire forzieri sommersi. Ho annichilito le vostre grandezze affondando l'inaffondabile. 
L'ho popolato di mostri per incutervi terrore; di incantevoli creature per ammaliare i vostri sensi. E poi tramonti infuocati ad arrossarne la superficie e notti stellate a guidarvi verso porti sicuri. 
Tutto questo vi ho dato e Voi, figli ingrati, chiedete ancora regali?

Dio. 
IL, pirata.
*da Microracconti Segreti

mercoledì 17 luglio 2013

Il passaggio (reparto psichiatrico, stanza n. 9)

Qui è sempre uguale, fin dal primo giorno. E non so quale era nè quanto tempo è passato, da allora. Forse non esiste un 'da allora', un inizio. Credo di esserci nato, perchè non ho ricordi che vadano oltre quella porta. 
Non so se esiste il Tempo, oltre quella porta. Qui no di sicuro. So che c'è un qualcosa che passo contandomi i respiri o, quando sto più male, sbattendo i denti e rannicchiandomi fissando la parete, dondolando il capo. Dicono che fuori di qui ci sono colori, tanti. E diversi. Ogni colore un profumo. Poi c'è il vento che gioca a mischiarli e te li regala. Te li lancia in faccia. Qui solo sfumature di bianco.
Di bello qui c'è solo una signora, l'unica che viene a trovarci. Ha gli occhi profondi, il viso liscio e sereno, il sorriso rassicurante, e non ha la divisa da infermiera. Viene a prendere per mano qualcuno e portarlo oltre la porta. Deve esserci qualcosa di bello là fuori, perchè nessuno è più tornato qui. Buffo, chi esce con la signora sorride, tutt'intorno invece son tristi. Ci credo, è bella. Non vedo l'ora di uscire con lei. Voglio chiederle se è vero che la sabbia scotta; che puoi scriverci sopra strisciando i piedi, che le onde dopo morte tornano indietro ed è divertente lasciarsi portare, che c'è così tanto spazio che puoi correrci fino a perderci il fiato e che...  Oh, eccola! Viene verso di... No. E' passata oltre. Stanza 10. Peccato.

sabato 13 luglio 2013

L'insolito colpo

Il Carnevale impazzava per le strade del paese. Le musiche irradiate dai carri ed il vociare caotico dei festaioli avevano opportunamente coperto il rumoreggiare degli attrezzi del mestiere. Era stato tutto studiato con attenzione. I tempi calcolati al nanosecondo. Il giorno perfetto era quello. Tra la banda del buco e la cassaforte del Banco di San Venturino c'era ora solo la griglia del condotto di areazione.
"Dottore, le dico che l'ho visti. Due pinguini e il gabibbo!", agitava frenetico le mani, "son sbucati dal muro, si son guardati attorno, han bestemmiato e sono spariti infilandosi là!"
"Sì sì, certo, le credo. Ora prenda le pillole e riposi, signor... Napoleone. Si ricordi che dovrà affrontare una dura battaglia, a Waterl". 
"No no no! Non mi tratti come un idiota! Ieri ero il Bonaparte, oggi sono... sono Hemingway."

Altrove. "Tranquilli, ho studiato la mappa alla perfezione! Eh? Terzo piano di Psichiatria, puah."
"Ma capo... eppure l'ho stud"
"Vaffanculo!"

La cena di Mercoledì

Erano le otto di sera. Lo sferragliare delle posate dalla cucina annunciava l'imminenza della cena, mentre il sordo brontolio del cielo quello dell'ennesimo temporale.
I due pargoli lasciarono di colpo i loro trastulli e si precipitarono impazienti alla tavola, pregustando le leccornie che ribollivano nella zuppiera o che fremevano nella pirofila.
Quando la bianca e paffuta manina partì decisa verso un azzardato assaggio venne fermata dal mestolo in rame che si abbatté sul tenero dorso:
''Ahia! Mamma!''
''Vergogna! Mercoledì Addams. Quante volte ti ho detto di non presentarti a tavola con le mani in questo stato? Fila subito a sporcartele!
...e sbrigati! Prima che la tua cena scappi dal piatto.''

lunedì 8 luglio 2013

La cena 1 - L'appostamento 2

1)
Il risveglio è scioccante, il dolore alla testa lancinante. E' come se una mano, da dentro, strizzi, con ferocia e rancore, nervature e ossa e si accanisca contro i bulbi oculari. Pare voglia strapparglieli da dosso.
Vorrebbe riperdere i sensi, riavere quella dose di sonnifero che gli offrì, insieme alla birra, il tipo del Pub quella sera di... non ricorda quanti giorni prima. 
Non vede niente. Solo spettri colorati impressi sul velo delle palpebre, che vanno scemando come fuochi d'artificio su un cielo nero. Poi i rumori metallici della serratura e lo smuoversi pesante di una porta. Una voce, lenta e gelida.
''Ti ho parlato delle cene che do ogni mese? per gli amici del gruppo. Ma sì te ne ho parlato. Forse non ricordi per via di quella birra'', ammicca sarcastico.
''Ricordo poco, è tutto confuso'' tossisce e si lamenta, si porta le mani alle tempie e preme, forte. ''Mi scoppia la testa. Che cazzo vuoi da me? Lasciami andare... Sto male!''
''Sta' tranquillo, presto passerà. Ti passerà tutto.'' Srotola la custodia di feltro, sfila due enormi coltelli e li affila sfregando tra loro le lame. ''I miei amici vanno pazzi per la carne che servo a quelle cene. E per domani ho promesso loro un nuovo piatto...''

2)
''Sì Tenente. Succedono un sacco di cose strane ultimamente, qui. E' bastato iniziare un gioco, innocente e simpatico. Proporre un tema*, scriverci su e... boom, il vaso di Pandora s'è rotto. La natura di molti s'è liberata saturando di perversione gli spazi come fumo venefico.''
''Ehi, dobbiamo stare appostati e tappati in questo buco due giorni, perciò se eviti di parlar di spazi saturati è meglio. Eppoi cos'è sto 'tenente'! Cazzo, siamo poliziotti ok. Ma prima di tutto siamo amici, no?''
''Vero, Jack.'' Sorride.
''Dai. Becchiamo quel figlio di puttana poi torni da tua moglie, io al bowling. Dovrà postarlo un errore* prima o poi, il bastardo.''
''Già, dovrà. Prima o poi. Ma è Lunedì e, come hai detto tu, abbiamo poco tempo. Anzi, io ho poco tempo...'', Jack riesce solo a notare, riflesso nel vetro della finestra, lo sguardo improvvisamente freddo e inquietante del collega, ''...per la frollatura.'' 
Un ago s'infila nel collo del Tenente che, ad occhi sgranati, riesce appena a farfugliare un: ''Cazzo fai Dext...''

*Riferito al Gruppo Facebook ''Microracconti Segreti''

L'uppercut

Idiota. Lo vedo il sorrisetto del cazzo che cerchi di trattenere e nascondere sotto l'espressione seria. No! Risparmia la menata sull'amore in più che ricevete rispetto a quel che date. 
Non ho nulla darti, io. Nulla, o forse sì. Qualcosa c'è. Ecco bravo, prendi i tuoi applausi, ammalia il tuo pubblico e fai qualche passo da questa parte. Sì così, ancora un po'. Quanto basta per venirmi sotto tiro...

C. B. ebbe uno spasmo improvviso. Uno scossone produsse un rumore metallico poi la caviglia si liberò dal cinturino in velcro che l'assicurava al poggiapiedi. Partì un siluro, inaspettato e tremendo. Un uppercut fulmineo e potente sferrato con l'unica parte del colpo che gli funzionava.

E il pomposo nuovo direttore della "Casa Di Sostegno Per Figli Sfortunati Di Maria Ausiliatrice" fu preso in pieno mento e riversò l'insulso sorriso là dove meritava, la terra battuta.

C. B., ed il suo piede sinistro.

martedì 2 luglio 2013

Un amore da favola

La Luna è piena e di un oro acceso, come in quella notte di festa di anni prima.
E, come allora, per lui nulla è cambiato. Gli è sempre meravigliosamente impossibile non affogare in quegli occhi così profondi e brillanti, o perdere il respiro tra quelle tenere labbra; scorgere un appiglio tra le forme e le rosee sfumature di quel corpo per ritrovarsi invece ancor più sperso nello scorrerlo di baci, e scoprirla, ogni volta, come fosse la prima. Perso e pazzo. Perso e felice.
Sì. E' tutto come allora. L'emozione che ancora lo scuote, come fece quando, con gesto istintivo, le baciò il piede prima ancora di infilarglielo nella fragile calzatura.
E' tutto come in quella notte di festa e di incantesimi. 
Tutto. La Luna, il loro amore appena sbocciato, e la scarpetta di cristallo.


venerdì 28 giugno 2013

-Tra fiction e realtà-

Srotola il filo bianco. Lo attorciglia tra i polpastrelli, che impallidiscono dove affonda il nylon. Se lo passa tra i denti fissando la propria smorfia nello specchio (pulizia orale eseguita).
Si percepisce il fruscìo della fettuccia di tessuto che scorre decisa nell'occhiello metallico dopo l'iniziale tentennamento nell'imboccarlo. Si osserva il lento gioco delle dita che si passano la stringa, poi il guizzo dei tendini e un colpo secco (e la scarpa è allacciata).
Atti semplici, quotidiani; di un uomo qualunque.
 
Ed io, affondato nel divano e boccheggiante per l'afa, che chiudo gli occhi e quei gesti li immagino su un collo. Anzi, QUEL collo. Lo vedo pulsare impazzito per poi rilasciarsi asfittico. Vedo le mie mani afferrare una folle, diabolica fantasia e stringere... mentre scorrono le scene della sigla e sorrido. 
Ben fatto, e tu hai avuto quel che meritavi.
Grazie, Dexter.


sabato 22 giugno 2013

I suoi Demoni

Uno ammicca in fondo alla bottiglia. "Su dai, è peccato non finire un bourbon come questo." 
Un altro sfavilla di colori ripetendo un odioso jingle che invita a ricaricare il Credito e riaccomodarsi al tavolo virtuale, perchè: "la prossima mano sarà quella vincente." 
Quello che conosce da più tempo (dai bagni delle scuole) è il più presente. Non gira per casa e non esce in strada senza averlo tra le labbra; ne ha il fiato, i vestiti e l'anima impregnati. 
E poi eccolo lì quello che 'tira' più di tutti. Quello che ogni notte gli porta un paio di gambe sempre diverse e sempre aperte. Dorme nuda sul letto sfatto e lui, dal bagno, sbircia la perfetta curvatura del fondoschiena, i glutei sodi e neri come l'ebano.
Gli hanno rovinato la vita, il matrimonio, il lavoro; reso un inaffidabile, un fallito. Un malato. Eppure se li tiene tutti stretti i suoi veri amici. Che vita sarebbe senza di loro...

Nell'Harem

Sia lode ad Allah! Al grandissimo unico Dio che s'è compiaciuto di riversare su di me, Suo Principe prediletto, ogni potere e ricchezza. Sazio i miei piaceri con le carni e le grazie delle più belle donne del Regno. Solo primizie per me! Oh sì. Le gemme più preziose portatemi in dono dai capitribù. Da esse stilla il nettare di cui solo un Re può dissetarsi. Una per notte. Ogni, notte. Ed ogni luna raccoglie gli ansimi selvaggi e appassionati che il mio vigore fa vibrare nei lor... 
- Ehi, tu! Ma con chi parli?
- Con nessuno, pensavo ad alta voce... chiedo scusa.
- Muoviti. C'è da preparare la vergine per sua Maestà!
Una serie di inchini che continua anche mentre si allontana. Lo sguardo sprezzante e disgustato che lo segue finchè scompare nelle stanze private.
- Puah! Eunuco e pure matto...

giovedì 13 giugno 2013

E fecero l'amore

E fecero l'amore. Come mai lo fecero prima e come mai fu fatto dopo. 
Lo fecero incrociando i loro sguardi e lasciando che i loro respiri si abbracciassero. Lo fecero toccandosi le fronti e sfiorandosi le punte dei nasi. 
Fare l'amore era posarsi a vicenda una mano sul petto, e sentire il cuore battere forte. Era salutare insieme il tramonto promettendo al Sole che lo avrebbero riaccolto al suo sorgere. Fare l'amore era guardare il cielo di notte e perdere di proposito il conto delle stelle per paura che finissero. Era ascoltare brani evergreen sulla spiaggia e dare un nome buffo ad ogni onda. Mangiare in due una pizza scadente e sforzarsi di sorridere, quando si riaffacciava alla loro mente il pensiero che tutto quello sarebbe finito presto.

mercoledì 12 giugno 2013

I racconti di una shampista*

Grazia il nome ce l'ha anche nelle dita. Oltre che negli occhi, grandi neri e lucidi, come i sassi leccati dal mare della sua Sicilia.
I suoi racconti di shampista? Oh no! No. Lei non racconta nulla, non spettegola su niente e nessuno. Timida ed educata pensa a fare il suo lavoro e sogna il Conservatorio. 
Intanto sotto le sue dita ci si sente come la tastiera di un pianoforte. Ci sfiora, accarezza, friziona, ed è il concerto di una pianista sopraffina. Sono momenti da assaporare in silenzio. Lo scorrere dell'acqua è poi l'applauso scrosciante dopo l'esibizione.
Che grazia, Grazia. 
Roba da far la coda per avere il biglietto. Niente racconti da lei. Solo massaggi che diventano musica.

*Pubblicato sul Gruppo Facebook 'Micro Racconti Segreti'.

martedì 11 giugno 2013

Adesso lo butto 'sto cazzo di telefono...*

Arriva. La cinge e la fa sedere sul tavolo apparecchiato. L’iniziale frenesia dei gesti spazza l’ordine di posate, piatti e bicchieri. Lei gli prende la testa e se la guida tra le cosce aperte, spinge ed il muso vi affonda. La bocca inizia a frugare, lei a sospirare. Lascia la presa sui capelli ed afferra la tovaglia arricciandola. Gli stringe i seni, lei si morde il labbro, geme, inarca la schiena. Una chiazza rosso barbera si allarga sulla tovaglia. 
L’aria bollente e peccatrice è raggelata dal suono metallico del cellulare. 
“Mio marito! Che vorrà adesso!?” Risponde fissando l’amante con aria interrogativa.
Tesoro! Chiuso aeroporto! Voli cancellati! Ti porto a cena fuori. Cinque minuti e son da te!

(Voce fuori campo: “Ecco un buon motivo (uno solo) per non buttare via un telefono.”)

*Tema del Gruppo Facebook 'MICRO RACCONTI SEGRETI'

THE BUTTERFLY EFFECT

Lei sbattè le ciglia e agitò il bacino.
Lui, dall’altra parte del mondo, fu sconquassato da un uragano.

sabato 8 giugno 2013

Sogni

Non potè mai fare a meno dei sogni, il difficile però stava in due cose: prendere sonno o arrivare al cassetto.

Provò con quelli ad occhi aperti, ma avevano un retrogusto sempre più sgradevole.

Il tempo

Tempo pensava di averne quanto ne voleva, fino a dieci minuti prima. Poi è passato, per caso, davanti a quella Gioielleria. Trambusto, voci concitate, spari, urla. Ed era per terra, sul marciapiedi. Ancora urla e il deciso stridere di ruote in una partenza frenetica. 
Era lì, con gli occhi spalancati ed un bruciore così intenso all’addome da impedirgli di respirare. Un sapore in bocca che sapeva di assurdo e lo scorrere convulso di ricordi. Tutto in un lasso che oscillava impazzito tra i secondi e gli anni. 
Aveva sempre creduto di poterlo trattare come una risorsa inesauribile, o quasi. 
Un ti amo, i ti voglio bene, i sorrisi, dava per scontato che potesse sempre dirli in un’altra occasione.
E ora, invece, era lì. A sentire il tempo scorrergli fuori, caldo e denso, dal buco nella pancia, inzuppargli i vestiti e perdersi tra le lastre di cemento.

Mentre scorre il suo tempo...*

E' dentro una clessidra. I secondi sono granelli di sabbia che gli punzecchiano il collo e ostacolano il respiro infilandosi nel naso. Gronda sudore e rimpicciolisce fino a vederlo affondare e poi scomparire nell'elegante abito affittato con la colletta degli amici del bar. Noi. Che siam partiti con sogni di gloria e che (tic-tac-tic-tac) temiamo ritrovarci nelle tasche lo stesso avvilente vuoto di sempre. Noi che lo abbiam portato con orgoglio come un eroe in trionfo prima ancora della battaglia, e ora ci scambiamo occhiate increduli ...9 ...8 ...7. 
Poi lui ha un lampo, negli occhi ...6 ...5 ...4. Sussultiamo. Ma dura un niente ...3 ...2 ...E abbassa il capo, sconfitto. 
"Non la so. Non la so signor Mike, questa non la so."
(ma chi cazzo l'ha sbagliato il tiro decisivo nella finale di Coppa del Mondo di freccette del 1969!?!)

*Tema del Gruppo Facebook ''Microracconti Segreti''

giovedì 6 giugno 2013

Farfalle

Le osservava, tutti i giorni.
Disegnavano ghirigori con le loro traiettorie leggere e tremanti. Ricamavano guanciali d’aria su cui posava il capo pensieroso. Riverberavano la luce del sole per regalargli un sorriso.
Poi, ogni sera: Andate già via? Andate a morire. Portatevi i miei sogni… e giusto finiscano con voi.

Le farfalle muoiono al tramonto, certi sogni non arrivano all’alba.

lunedì 3 giugno 2013

-L'amore ai tempi dell'inquisizione-

E poi c'era Lei, che era la Luna. 
Troppo bella e luminosa per notti fredde, misere e lunghe come quelle che si vivevano allora. 
Notti ignoranti ma arroganti. 
Notti di ululati che erano bestemmie mascherate da preghiere.
Ma Lui, stolto, fissò solo il dito che la condannò.
E lo rimpianse tutta la vita.

domenica 26 maggio 2013

I ''ti amo''

Un ti amo, anche se detto anni fa in una notte ubriaca, resta comunque lì, nascosto tra i cuori e le labbra di chi se l'è scambiato.
Se poi viene detto su una scogliera resiste ancora di più. E' come s'incidesse sulla roccia e allora dura secoli, abbellito dai ciuffi d'alga che gli fluttuano attorno a mo' di cornice durante l'alta marea. 
Sa di sale e di spuma un ti amo sussurrato in un posto così. E quando il sole tramonta facendo scintillare la patina d'acqua che lo ricopre, allora sa di magia. 
Poi si torna in città a respirare gli smog della vita e si dice di tutto a chiunque, compresi altri ti amo e qualche ti odio
Quello detto lì invece resta perchè il mare restituisce tutto ma non le parole, e i sentimenti.

martedì 14 maggio 2013

1989. Un bacio proibito


Un ricordo di allora? Nulla di preciso. Ronzio incessante nelle orecchie e torpore in testa, come quando si addormenta un piede ed un formicolio scuote e solletica allo stesso tempo. ''Ragioni con i piedi'', mi dicevano spesso. Ora aveva un po' di senso...

Sarà stato il fissarla troppo a lungo -mi sentivo inopportuno ma non riuscivo a staccarmi. 
O sarà stato perchè... non c'è un perchè. Certe cose, in certi momenti, vanno così e basta. 
E ti va di lusso - forse proprio perchè non stai a pensarci su. 
Fatto sta che quel temporale interiore, improvviso e potente come solo agosto sa farli, si sfogò nell'aula 'B'.
Non ero certo avvezzo a giochi di sguardi e parole, ero invece portato per le figure da timido e imbranato adolescente, infatti farfugliai qualcosa. Lei si sporse dalla cattedra poi persi il respiro. 
Ho ancora addosso il sapore di quelle labbra...

sabato 4 maggio 2013

-Il tatuaggio-


Non aveva mai fatto trasparire il fastidio per quel tatuaggio. Due lettere aggrovigliate a formare quell'animale stilizzato. Non le aveva mai chiesto di toglierlo, si limitava a coprirle la clavicola con quella chioma fluente, lucida e pesante che gli sapeva di nobiltà. In fondo ognuno porta con se tracce del proprio passato. Lei ne portava una sulla pelle. Incidersi per un amore lo riteneva avventato e folle; incidersi per cancellarlo lo riteneva stupido. Tanto più che anche se avesse voluto e fosse riuscito a farglielo sparire da lì, 'tre metri sopra il seno', nulla avrebbe potuto per quello che le era stato tatuato dentro e che sentiva fare le fusa, quando lei dormiva mostrandogli la schiena. E anche se lui poteva scorrerci le dita, e le labbra, sapeva che quel terreno era segnato. Da quel fantasma, da quelle iniziali a forma di gatto e di ricordi... Maledetto fantasma, e maledetto gatto.

Sugli amori uccisi


Ma si poteva amare fino ad uccidere? Si poteva arrivare a questo? No, certo che no. Quello era puro egoismo. Odio cieco ed irriconoscente. L'amore, quello vero, era il più galante dei sentimenti e piuttosto che deteriorarsi assumendo le orribili fattezze di uno spietato assassino si fermava, ritirandosi silenzioso, un passo prima, quando la sua pronuncia era ancora un sussurro soave e rassicurante; quando nello stomaco era tutto un frullo di ali, e non la fitta di una lama. L'amore il sangue sapeva farlo fluire, bollente nelle viscere; non a chiazze sul terreno. Le carni pulsavano di una vita propria ed i sospiri erano soffi caldi di vita, non spifferi gelidi e mortali.
Ogni amore ucciso ha spento una stella, sospirò alzando lo sguardo. Erano milioni. Ora il cielo è un manto nero. Ora il cielo non ha più senso.

sabato 27 aprile 2013

Un secondo prezioso


Posso rubarle un secondo? Gli chiese con un timido, disarmante sorriso.
Era completamente preso dai suoi impegni ed annerito dai malumori quella mattina. Anche, quella mattina. 
Non si era mai fatto cogliere alla sprovvista da niente e da nessuno. Indisponente e scorbutico in tutto, persino nel respirare. Eppure.
Beh, vado di fretta... dica ma si sbrighi...
Sorrise di nuovo e gli accennò la buona causa per la quale raccoglievano firme. A lui non fregò granchè, capì solo che non glielo avrebbe più restituito, quel secondo. All'insaputa della ragazza lo riempì con una intera vita. La sua.

Questo è amore


La amò fino ad ucciderla. 
La uccise perchè la amava troppo.
La uccise come non aveva mai ucciso nessun'altra.
Poi rivolse la pistola contro la propria tempia, ma scoppiò a piangere e non ebbe la forza di premere il grilletto.
Annientato dal dolore di non esser arrivato ad amarsi così intensamente come era riuscito ad amare lei.

Dialogo tra uno stolto ed un saggio. Nel quale non è detto chi sia l'uno e chi l'altro.


''All'inizio è tutto come sembra, anzi è molto di più. Uno spiraglio di Sole filtrato dagli spazi della persiana è luminoso quanto l'avvento del nuovo messia, spalancata la finestra l'aria inspirata è fresca e sa di miracolo. Ogni parola è tralcio che rinverdisce una terra arida, un sorriso promette cieli ed ogni carezza è blocco che edifica il tempio della pienezza. Poi passa la sbornia interiore e realizzi tutto. A parte le metafore non ho altro, ragazzo. Va', inizia il tuo viaggio e ricorda: quando qualcosa è così bello da non sembrarti vero, hai già capito che non lo è affatto.''
''Vado, maestro. E procedendo mi chiederò come ho fatto a star dietro così a lungo a uno che sprizza tanto ottimismo.''
''Va' ti ho detto, ed evita quel ponte. Non mi fido del sostegno di destra.''
Il ragazzo si strinse i testicoli nel pugno ed imboccò il sentiero più lungo.

Breve canto di una quasi sposa


Era lì in silenzio ad aspettare.
Una donna, un prete ed un altare.

Tra le mani fiori chini e stanchi,
tremano tra i guanti
senza più sperare.

Lui distante forse mille miglia,
con il Cuore in fondo a una bottiglia.

Ha dato carte come un vecchio baro.
Disertato dopo il giuramento
e prima dello sparo.

Ora nel malto annega la vergogna:
''Tienti le parole 
e fottiti carogna.''

domenica 14 aprile 2013

La grande famiglia. La Genesi*


Una famiglia, piccola e felice, in principio. Fattori in un'immensa valle, rigogliosa e colma di ogni bene. Passato un periodo buio e freddo chiamato Inverno i due assisterono al risveglio della natura, e con essa di una serpe che s'attorcigliò ad un melo ed irretì Donna. E lei ammaliò Uomo. E il torsolo di una mela rotolò a terra ed il Capo si arrabbiò. ''Via da qui!'' tuonò furioso.
Uomo da allora guadagnò il pane col sudore; Donna partorì con dolore. E la famiglia crebbe. E crebbero i grattacapi. Un fratello uccise il fratello, poi liti, divisioni, fornicazioni, pargoli dati in olocausto su un monte, diluvi che spazzarono intere regioni. ''Uomo!'' disse il Capo. ''Questa è la grande famiglia che ti do in eredità.'' 
''Azzo,'' rispose Uomo, ''e questo è solo l'inizio, vero? ma pooorc...''

*Presente nel Gruppo Facebook ''Microracconti Segreti''

Il gioco di Gerald *

Tu sei pazzo, Gerald. L'ho sempre pensato, Gerald. L'ho capito subito, Gerald, fin dalla prima volta, in quella cantina, Gerald. Che diavolo ci facevi in quella cantina, Gerald? No, io piuttosto che cazzo avevo a che spartire con quella gentaglia lì, e con te Ger... Ehi! Sveglia, Gerard su, su! Resta su con la testa, o il tuo gioco non riesce... Già, non mi è mai piaciuto il tuo gioco del cazzo. Sempre tu a far girare la pistola sul tavolo e puntarmela alla tempia, Gerard! Occazzo, sta' sveglio su... devo aver esagerato col sonnifero nella birra eh? Gerard. Eh? Ahahah. Okay Gerard, ora rifacciamo il tuo gioco. Lo facciamo adesso. Solo che stasera io dirigo e tu concorri, Gerard. Ecco... facciamo ruotare il tamburo e via col primo click. Oh, te l'ho detto che ho apportato una modifica al gioco? Cinque proiettili ed una sola camera di scoppio vuota.

* Presente nel Gruppo Facebook ''Microracconti Segreti''

sabato 23 marzo 2013

Degli abusi (linguistici) e delle pene d'amore*

"Ho sfidato l'ira dei vostri Dei pur di essere qui, ora, a deliziar i miei occhi, colmi di polvere straniera, con la visione delle vostre floride grazie, milady. I mari non mi hanno risparmiato nessuna umiliazione, sballottandomi come un moccioso sotto i ceffoni di un genitore; nè i cieli si son mossi ad un minimo cenno di pietà risparmiandomi grandine, tuoni, irruenti scrosci d'acqua e folate di un vento così gelido da lacerarmi le carni. Neppure l'uomo, seppur conosca quanta pena trabocchi dal cuor di un innamorato, ha meco solidarizzato evitandomi i suoi strali, tanto acuminati quanto pregni di veleno, e le sue pallottole precise e crudeli. Il destino non mi ha facilitato affatto l'esser qui, da voi, a contemplar la carnosità delle vostre labbra, la sinuosità dei vostri fianchi, la turgidità dei vostri capezzoli ed..."
"Messere, basta! Trovo alquanto abusati e noiosi i termini con cui mi descrivete, andatevene!"
"Noiosi! Abusati! Milady... Vogliate allora permettermi il congedarmi con un originale... Vaffanculo!"

*Nel Gruppo Facebook 'Microracconti Segreti'

-Il ritardatario-*


Si accostò al vetro pieno di polvere, e quello strato sempre più spesso gli parve un ovattato seppur crudo ed inequivocabile rimprovero. Si guardò attorno, con aria perplessa ed indagante, come se solo in quell'istante avesse realizzato quanti fossero i suoi fallimenti, leggendoli nei segni lasciati dalle dita sulla finestra. Li scorse nella malinconica penombra gettata come un sudario su quell'appartamento, arredato con gusto e lusso ma senza mai esser stato vissuto dai suoni delle risate o delle liti, o da un salutare disordine.
Erano trascorse due settimane dalla chiusura del tema** - ma non della cantina. Vi scese con una corda in mano. Ognuno aveva sotterrato o macellato lì i propri nemici ma spazio ce n'era. E poi a lui interessava solo che la trave fosse abbastanza resistente.

* Scritto nel Gruppo Facebook 'Microracconti Segreti'
** 'Portare il proprio nemico in cantina'

-Il custode-*


Era venerdì, 'quasi venerdì', e come recitava la locandina: "si cambia".
La fissava da sotto il lampione in ghisa, tirò fuori dal taschino l'orologio d'argento, lo fissò, risollevò lo sguardo sul manifesto, annuì ed entrò.
La biblioteca era immersa nel buio, le assi del pavimento scricchiolavano sinistre. Si muoveva cauto ma sicuro tra le sezioni, ed in uno spazio tra due immensi scaffali vide il fioco riverbero di una candela che, dal basso, svelava un mucchio di libri addossati alla parete ed altri sparsi a terra. Legature sdrucite, fogli stropicciati; altri staccati dai volumi, bagnati e con l'inchiostro sbavato.
"Uhm, ci si son divertiti parecchio. E con quanto furore. Orgie, proprio qui!" sospirò contrariato e si chinò a raccoglierli. "Massimo rispetto per Paulette** ed i suoi temi, però rimettere in ordine dopo no, eh? E che cazzo!"

* Il racconto è presente nel Gruppo Facebook 'Microracconti Segreti'
** Admin del Gruppo

sabato 2 marzo 2013

Happy days

Sogghignava beffardo, ciondolante sulla sua Harley, ogni volta che quel bocconcino di ragazza gli passava davanti col vestitino a fiori e le calzette bianche poco sopra le caviglie. A testa bassa, e con una pila di libri stretti tra le braccia ed il grembo, oltrepassava il Pub, dove il novello Fonzie e la sua banda bighellonava a tutte le ore, ed entrava in biblioteca.
"Che spreco, un tipino così che ammuffisce là dentro... Puah!" sentenziava a voce alta, schifato e sarcastico.
Un giorno, con fare arrogante, la invitò per un lungo giro ad alta velocità, per farle conoscere i veri brividi, e lei in cambio lo portò tra le pagine che tanto adorava. E tra quei volumi lui scoprì come quelle cosce sapevano aprirsi molto più che su una sella, e quell'odore che le impregnava le dita lo inebriasse più della benzina.

Cronaca di un 14 Febbraio

19:33. Scivolò lungo la parete immaginando una piuma che planava da un cielo assurdo, luminoso e terso, anche se percepiva che la distanza che lo separava dal buio Inferno era la stessa che divideva il suo sedere dal pavimento. Poi toccò terra e gli sembrò che i polmoni fossero rimasti in alto, a chiedersi se tutto quello fosse vero; il sangue dava la cruda risposta inzuppando camicia e pantaloni. Gli occhi spalancati dall'incredulità, e dal dolore, non focalizzavano nulla di quel salotto. Lo squarcio nel basso ventre era un urlo lancinante. Un taglio deciso e profondo da cui la vita stessa, l'anima, i pensieri, ed i ricordi defluivano aggrovigliati alle budella.
La fissava attonito, lama in pugno e sguardo folle, ed il ''Perchè?'' gorgogliava in un rantolo sempre più flebile.
 
19:32. "San Valentino? ma va! che cazzata! stasera ho la partit..."

Il naufrago

Un refolo di vento lo destò dal sonno e a lui parve di sentirsi risucchiato dalla risacca. Immaginò il suo corpo, guardandolo dall'alto, come quello di una marionetta scomposta ancorata agli scogli ma con gli arti, esili bacchette, in balia delle onde. Lentamente si mise in piedi. Indolenzito e con la vista appannata risalì la spiaggia bianca, lasciando, più che orme, una scia.
Entrò nella grotta, rovistò nel mucchietto di ceneri e braci annerite sparse per terra. Si tirò su con sofferenza, appoggiandosi alla parete di roccia. Sbatté le palpebre più volte per mettere a fuoco e contare le fila di asticelle, e ne aggiunse una con un tizzone spento. Fissò l'insieme di tratti sghembi ricontandoli con il passare delle dita poi tornò fuori salendo a fatica un sentiero nascosto nella fitta vegetazione, raccogliendo fiori di Tiarè e felci.
Giunto in cima ad un promontorio si inginocchiò, posò il mazzolino ed accarezzò le pietre ammassate in cui era infilata una croce di rami. Poi sussurrò emozionato. "Non so se i calcoli siano esatti, e francamente non lo credo. E sai che non sono bravo neanche con le parole però oggi è... dovrebbe... buon San Valentino amore..."

venerdì 15 febbraio 2013

Big George

Il Sole sorse prima del solito quella mattina. Sembrava avere voglia anche lui che tutto si sbrigasse il prima possibile. Mezzogiorno arrivò invece con la sua lentezza indolente. Incurante del dolore e della rabbia che aleggiava sulla collina.
La vendetta era un frutto ora maturo tra le mani di un'esile ragazza, dalla chioma liscia e corvina e la pelle lattea, che si riparava all'ombra di un grande albero.  Big George si chiamava. Era stato così battezzato dai primi coloni ad inizio '800, ed era testimone di tutte le vicende scorse nella vallata. Tutte, anche quella di Jane, che attendeva il suo assassino proprio sotto l'enorme ramo da cui oscillava un cappio. Il cigolio della corda era un ghigno malefico e lui riconobbe quella figura diafana e vide quel frutto rotolante tra i palmi, mentre a passi cadenzati e lenti i cavalli si inerpicavano verso il maestoso albero.
Si volse inquieto, come a trovar conferma della propria incredulità, verso i due che imperturbabili badavano solo a puntargli i fucili addosso.
Quando il giudice rinnovò la sentenza al condannato ed il cavallo venne lanciato al galoppo, i presenti notarono, nel silenzio assoluto, solo un fruscio di foglie ed un frutto, morsicato, staccarsi da Big George e rotolare giù.

mercoledì 13 febbraio 2013

La corda

C'ero io con una corda che passavo tra le dita, c'era il profumo forte dei tuoi capelli e l'odore della tua vita. C'era un sogno rotto in un cassetto, l'uomo nero sceso dal soffitto e la Luna che si allontanava dal nostro tetto.

Scorgevo la paura nei tuoi occhi riflessi in uno specchio, capii che non credevi più alla follia di quel gioco ormai vecchio. 
Rividi tutto in pochi attimi. Quella strada e quella notte affollata di puttane, quelle auto in fila indiana a portarvi il loro pane. Quel contratto a fari spenti, tu la spunti ma poi ti leghi ai miei tormenti. Solo aghi a farti buchi nella pelle, i nodi che ti solcano le spalle, e le sere a presentarsi senza stelle.
E poi ora. Una corda, stretta nei miei palmi. Vecchio pazzo chinato sul tuo collo a biascicar febbrili Salmi.
Ed è ancora forte quel profumo, strappato dalle dita; l'odore della paura e quello della tua vita.

lunedì 4 febbraio 2013

La spiaggia

La camminata è incerta e sofferente, su gambe segnate dalla fatica di mille viaggi. Tutti iniziati con un passo, come direbbe un saggio, e tutti interrotti per un bisbiglio, come succede ai pazzi.
L'amore, su quelle gambe, tremava fino a staccarglisi di dosso; era un frutto in fioritura stecchito e portato via da una folata di vento glaciale.
Quante forti Parole. Sembravano sassi. Scagliate contro il Sole si son poi mostrate bugie di cera; vele maestose che promettevano rotte felici e interminabili e si sono accartocciate sotto i primi flutti. E lui è rimasto lì, sulla spiaggia, ad aspettare e credere ad ogni Primavera.
Ora passa gli Inverni in precario equilibrio sui ciottoli, in riva ad un mare freddo e anonimo. Li scruta tutto il giorno per leggere tra le striature calcaree quelle promesse scambiate dagli innamorati e poi dimenticate lì.
Chi vuole trova amore dappertutto, e dolori.

C'era una ''gatta''


C'era poi quella gatta, che aveva una macchia nera, nell'anima, ed un velo triste negli occhi, che quando li fissavo sembravano implorarmi di non usarla, anch'io, come gli altri, prima e sempre, avevano fatto. Perchè a quelli, delle gatte, interessava solo che facessero le fusa e si lasciassero palpare nei salotti lussuosi ed appartati delle ville o nelle stanzette dei motel. Finchè son cucciole, poi le buttano fuori.
La raccolsi che vagava stordita, tra dei bidoni di latta incendiati, in una notte senza stelline. E la macchia sul muso era il livido di un pugno.
Imparai a strimpellare la chitarra per sussurrarle tenere cantilene e assurde filastrocche. Guardavamo il cielo blu nella casa in riva al mare.
Io sono ancora lì, dalla finestra, a fissare aspettando che rispunti la stellina là in alto, e lei dal vialetto. E che i suoi occhi tornino a implorarmi di non lasciarla, come gli altri hanno sempre fatto e come mai io avrei.

domenica 3 febbraio 2013

Cuore ingrato (tema "Il castello")

C'era un castello stupendo ed una sola via per conquistarlo; sola e labirintica, come il Cuore della dama di cui si era assurdamente innamorato. Peregrinare e lottare, era questa la strada che lo avrebbe condotto all'àmbito maniero, ed era pronto a percorrerla. Si inerpicò su pendii scoscesi, attraversò laghi pullulanti mostri di arcaiche memorie, superò impavido inquietanti paludi ed affrontò le bestie più feroci che infestavano le intricate foreste del regno. Arrivò al traguardo, stanco ferito ma entusiasta. Trovò un Cuore freddo e ingrato. Realizzò che pur giungendo a destinazione si era comunque 'perso' e che in fondo quell'ammasso di blocchi corrosi dai secoli e dalle intemperie, aggredito e soffocato dalle sterpaglie e divenuto un ricettacolo di orchi e meretrici non era poi il Castello fatato descritto in tante favole.

Bobo (tema "Ultimo valzer")

Seduto sulla panchina del parco osservava le foglie rosse che salutavano rassegnate l'imponente quercia e si concedevano all'invito sbarazzino del venticello fresco del crepuscolo. Un giro di valzer anche per loro. L'ultimo.
Quello forsennato di un nugolo di insetti che ammaliati dalla luce di un neon concludevano la danza ascendente precipitando bruciate verso il buio.
I Choco Pops che mulinavano nel latte macchiandone il candore al ritmo dettato dal cucchiaio che batteva sul bordo della tazza. Lo scomparire del suo palloncino a testa di coniglietto che volteggiava rapito dalle correnti.
La foto dei nonni, che non c'erano più, incorniciata nel salone mentre sorridono abbracciati al centro della pista.
Tutto per Bobo aveva il sapore di un ultimo valzer.

L'effimero squarcio nel buio

Gli venne da chiederle chi credette di essere quando apparve, improvvisa ed abbagliante, come lo squarcio di un faro dal promontorio, nell'oblìo di quella sua vita iniziata per caso e continuata per dispetto in un girare vuoto, lento e regolare fino al cinismo. Un fascio potente ed istantaneo rivelò un nugolo di pensieri che fluttuavano ingenui e tracciò un raggio luminoso che girando ne scoprì altri schizzare deliranti e forsennati. Impossibili da ordinare e tenere a bada. Assurdo dar loro una ragione.
Emerse dal buio, con una light coccolata tra quelle labbra che avvelenavano il Cuore e alitavano vita. Sembrava fosse solo lui ad aspirare quel fumo che avrebbe finito per uccidere, entrambi.
Gli venne da urlarle chi cazzo credette di essere ma non potè farlo, come dissolta nel fumo di una boccata o spenta in un ricordo, Lei non c'era più.


Non esisteva, ne fece il suo capolavoro

Su quella pelle descrisse fantasie proibite,
incise i versi più sublimi,
vergò le parole più crudeli,
e la cosparse coi colori della passione.

La pelle che si compra

La pelle era quella che pagava a cartate di euro. Era merce, spesso di tonalità differenti: nera come l'ebano, caramellata al Sole del Magreb, odorante di saudade e samba o pallida e indurita al freddo del Baltico.
Le raccoglieva sui viali proibiti, le caricava in auto e lì o in una stamberga qualunque vi scriveva sopra le sue voglie. Le tracciava con schizzi di sperma, le segnava con lacci, le firmava con i graffi di un amplesso tra l'impetuoso ed il ridicolo.
Con lui ci andavano volentieri (?), non contrattava mai anzi elargiva compensi extra. "Arriva il Nobile", si bisbigliavano ridendo le ragazze, riconoscendo la sua auto.
A casa poi, per la pelle della moglie e delle figlie, con la stessa età dei suoi ''acquisti'', erano solo carezze e teneri baci.

L'amica

Faceva un freddo boia quella sera, con le folate di vento che tagliavano la pelle ed i cocci di un Amore che era stato solo illusione sparsi sull'asfalto della periferia.
C'era Erica, l'amica che è sempre presente quando deve versarti da bere, offrirti la spalla su cui vomitare l'ennesima congestione sentimentale, e raccoglierti da terra.
Ed Erica, quella sera in cui faceva un freddo boia, dentro e fuori, gli offrì di più. Una carne morbida su cui affondare sesso ed una pelle bianca e liscia da consumare a morsi e respiri.
E fu così, come una scintilla sulla paglia, una scia nel buio.
Il freddo si dissolse tra gli amplessi. Rimase il gelo, nell'anima ed un biglietto il mattino dopo. "Grazie Erica. Perdonami."

Di pelle

Non era 'di pelle', lui.
Non aveva calore nè colore. Respiro o sorrisi. Era solo inchiostro, morto su un foglio. Bianco come il nulla.
L'unica materia che scorgevi in lui, erano i sogni.

venerdì 4 gennaio 2013

L'orco ed il lupo

Il Lupo annusò l'aria pungente della sera invernale. Avanzò lento e tremante tra i rovi di gelso e i cespugli di biancospino. Si adagiò stancamente ai piedi dell'orco. Davanti un piccolo fuoco i due si salutarono con una occhiata, un muto e solidale cenno d'intesa tra poveri cristi.
- Mio buon vecchio compagno di sventure, riposa tranquillo. Finirà il nostro esilio, prima o poi. Quando finiranno le favole ed i principi azzurri mostreranno il loro turpe reale colore; quando delle principesse si vedrà il vero volto, senza finti sorrisi ed occhi angelici; quando agli "eroici" cacciatori cadranno di mano archi e fucili noi potremmo camminare liberi e fieri, non più disprezzati e reietti. La gente saprà che non siamo noi quelli che divorano vecchie e terrorizzano bambini o rapiscono e recidono ragazze in fiore. Non abbatterti amico. Allora capiranno chi sono i veri mostri.

Al "Gran Paradiso"

Sciroppo d'acero, tiepido, denso, ambrato. Lasciato cadere nel solco tra i seni scivola mollemente lungo la rientranza del ventre, teso e tremante. Novella Bo Derek sotto la lingua golosa di un orso Yoghi.
Seguire il lento scendere del succo e attendere, a bocca aperta, che valichi il Monte di Venere, si districhi nella soffice peluria ed affluisca lungo le grandi labbra, per consegnare al mio senso il nettare zuccherino arricchito dal suo piacere. Poi leccare, assaggiare, divorare. Due tette bianche e morbide come mozzarelle di bufala. Affondare i denti, succhiare capezzoli turgidi come ciliege.
Lei, distesa sul tavolo in massello ad offrirsi al mio pasto. Sapore di mirtilli scambiato nei baci, vaniglia sulle labbra ed il respiro alla cannella che scorre nel palato. 
Si mangia da Dio, al ''Gran Paradiso''.