sabato 2 novembre 2013

Il Borsalino

Osservava la bianca e spumosa scia solcare lo specchio grigio e increspato del lago. L'aliscafo tagliava l'acqua e il paesaggio, abbrancato al pendio e variopinto come un presepe, si allontanava. E a lui parve sorridesse, sornione e complice.
Era un addio quello, non il solito arrivederci di fine estate.
Lasciava che l'aria fredda del primo mattino gli tagliasse faccia e pensieri. E soprattutto i ricordi. Tanti anni vissuti con la moglie in un menage, a suo dire, perfetto. Poi, come se il Destino si fosse divertito ad abbozzare un romanzetto da due soldi, il viaggio in Africa vinto ad una lotteria; la passione per le manifatture di un villaggio del Senegal. Statuette in avorio, incisioni in legno. I contatti con altri appassionati.
Troppi, contatti. E troppo appassionati.
Rincasò prima del solito quella sera, l'ultima. Il proprietario di un negozio di artigianato esotico, un tipo a suo parere insignificante, assestava frenetici colpi di bacino a sua moglie che gemeva nuda sul tavolo del salotto. Con i calzoni afflosciati ai polpacci ed un cappello in testa ancheggiava dando le spalle all'entrata. Abbandonato nel corridoio uno scatolone da cui spuntavano lunghi cilindri di legno nero intagliati. Ne prese uno sfilandolo dagli altri con cautela, lo soppesò agitandolo a mezz'aria e poi... La sirena di un traghetto lo riportò al presente.

Lo teneva stretto in mano, nascosto sotto il paltò, poi approfittò di una raffica più forte, sollevò il braccio lentamente, come fosse un sacerdote intento in un rito solenne, e lasciò che il vento glielo strappasse facendolo piroettare per decine di metri prima di farlo cadere in acqua. Sorrise alienato. Lo aveva sempre voluto un Borsalino. Ma non quello e non così, sgualcito e imbrattato di sangue.

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