mercoledì 19 settembre 2012

La chiamata

"Ora la chiamo".
Era deciso, l'avrebbe fatto.
Ora, dopo tanti anni. Ed avrebbe  sentito di nuovo il suono della sua voce. Quella voce che lo cullava quando era triste e gli accarezzava l'anima quando era agitato. E con gli occhi chiusi ed il telefono in mano ricordò il suo sorriso e, pur sapendo già la risposta, si chiese se quel sorriso sarebbe tornato a spiegare le ali in quel suo cielo grigio e pesante.
L'avrebbe pregata di non fargli domande perché sarebbe stato solo come affondare una lama nella piaga di una ferita, profonda e marcia come le notti di un poeta pazzo, solo e disperato. O forse no. Forse sarebbe stato giusto lasciare che le facesse; che pretendesse risposte. Gliele doveva. Come un assassino in ginocchio deve il proprio petto per espiare il male fatto e per far dissetare col proprio sangue l'arsura di un Cuore che si è ritrovato spezzato senza sapere perché. La richiesta di un perdono ormai inutile ed a quel punto irritante. Ci pensò. E posò il telefono. L'avrebbe chiamata, un giorno, ma non quello. Neanche, quello.

 
 

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