"Ora la chiamo".
Era deciso, l'avrebbe fatto.
Ora, dopo tanti anni. Ed avrebbe sentito di nuovo il suono della sua voce. Quella voce che lo cullava quando era triste e gli accarezzava l'anima quando era agitato. E con gli occhi chiusi ed il telefono in mano ricordò il suo sorriso e, pur sapendo già la risposta, si chiese se quel sorriso sarebbe tornato a spiegare le ali in quel suo cielo grigio e pesante.
L'avrebbe pregata di non fargli domande perché sarebbe stato solo come affondare una lama nella piaga di una ferita, profonda e marcia come le notti di un poeta pazzo, solo e disperato. O forse no. Forse sarebbe stato giusto lasciare che le facesse; che pretendesse risposte. Gliele doveva. Come un assassino in ginocchio deve il proprio petto per espiare il male fatto e per far dissetare col proprio sangue l'arsura di un Cuore che si è ritrovato spezzato senza sapere perché. La richiesta di un perdono ormai inutile ed a quel punto irritante. Ci pensò. E posò il telefono. L'avrebbe chiamata, un giorno, ma non quello. Neanche, quello.
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