domenica 2 settembre 2012

Di pena e di follia


Due anime in pena. 
Due destini condannati ad un'eterna inquietudine. 
Una passione bruciante, un istinto folle che nasceva nelle viscere e pulsava nelle carni. 
Senza parole. 
Senza promesse. 
Senza i 'per sempre' sussurrati sul petto.

Erano i respiri a dire tutto. 
Erano gli occhi, insignificanti a tutto quello che gravitata al di fuori di loro due. 
Erano gli sguardi, carichi di odio per tutto quello che non parlasse all'uno dell'altro. 
E lui sapeva che dovunque avrebbe viaggiato, e per quante vite avrebbe vissuto e quanti cuori avrebbe rubato, non sarebbe mai stato come con lei. 
E non lo sapeva perché ci aveva riflettuto, ma perché gli vibrava addosso. Gli si plasmava dentro, come una follia che ti divora e cresce. E crescendo si fa condanna. E condannando si fa compagna. 

Lei era lì. Respirava placida, dormendo. 
Lui non la sfiorava, non nè aveva bisogno. Perché sapeva che la stava già possedendo, e lei lo stava godendo nell'oblio del sonno. 
E l'amava. E si sentiva amato.

Abbassò il capo guardandosi la mano aperta sul ginocchio, e si chiese quanta distanza c'era tra una lama ed un cuore, e quanta pressione ci voleva perché l'una affondasse nell'altro. 
Se lo chiedeva spesso, sperando che ogni volta la risposta fosse più facile. 
Poi tornò a scrutare il cielo. Incupito oltre i vetri appannati dalla pioggia, lenta e costante come un'agonia. E ad ascoltare il mare, inquieto come i suoi pensieri. Gli assalti furiosi delle onde in eterna lotta contro le scogliere. Il fragore degli scontri. 
Poi la schiena di Lei, scoperta e mossa lentamente dal suo respiro.



E tornò a guardarsi il dorso della mano. E a chiedersi ancora di una lama e di un Cuore...



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