giovedì 6 settembre 2012

Anima/Aquilone


Ci giocava, con l'anima. Come fosse un'aquilone.
Non attaccato a un filo ma imbruttito e appesantito da un catenaccio arrugginito.
Ma lo faceva volare lo stesso. E dappertutto. Cadere in picchiata.
Schiantarsi sulle rocce e tuffarsi nelle pozzanghere.
Infilarsi nei crepacci del terreno, quelli che portano all'inferno senza ritorno.
Scuotersi quando l'aria veniva attraversata dai fulmini ed inzupparsi sotto gli scrosci dei se fosse.
Solcare i mari ma senza bagnarsi e i prati fioriti, senza rubarne profumi e colori. 
E giocando, per luoghi e per stagioni, si avvicinò alla sfera del Sole. Folle, incauto ma non pentito. Nemmeno quando riprese a piroettare con la carta increspata e la puzza di bruciato come scia.
- Con le anime, gli dissero, - non si gioca!
Glielo dissero i saggi, quelli che i loro aquiloni li avevano deposti in soffitta, affidando i sogni alle ragnatele e le anime ai santi dagli occhi tristi.
E lui di quei moniti non nè aveva bisogno.


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