Una giornata uggiosa, l'ennesima.
I foglietti del calendario si increspavano ed ingiallivano prima ancora che arrivasse il mezzodì. Il tetrapak barava spudoratamente sulla scadenza del latte, anticipandola. Il mangiare che fumava sulla tavola sapeva di già digerito. Il telegiornale snocciolava come notizie dell'ultima ora fatti successi anni addietro.
Una giornata uggiosa la mia, anche quella.
Poi arrivò. Il salire dei tacchi lungo le scale andava a tempo coi battiti del cuore. Suonò il campanello ed io vidi il suo sorriso prima di sentire il din don. Mi passò affianco salutandomi con un bacio. Il tempo, per quell'attimo, parve acquistare senso, come un derelitto che ha un ultimo moto d'orgoglio. Appese il soprabito al pomello dietro la porta e nell'attraversare il corridoio si sciolse i capelli lasciandoli fluire, neri e lucidi, sulla schiena. La seguii in cucina senza parlare. Non parlai per tutto il pomeriggio.
Poi arrivò. Il salire dei tacchi lungo le scale andava a tempo coi battiti del cuore. Suonò il campanello ed io vidi il suo sorriso prima di sentire il din don. Mi passò affianco salutandomi con un bacio. Il tempo, per quell'attimo, parve acquistare senso, come un derelitto che ha un ultimo moto d'orgoglio. Appese il soprabito al pomello dietro la porta e nell'attraversare il corridoio si sciolse i capelli lasciandoli fluire, neri e lucidi, sulla schiena. La seguii in cucina senza parlare. Non parlai per tutto il pomeriggio.
Continuò ad essere la mia ennesima giornata uggiosa, ma riuscivo a non pensarci. Guardandola, di tanto in tanto, negli occhi.
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