venerdì 19 ottobre 2012

Labirinto

Era un labirinto. Il più intricato. Sentieri senza sbocco, deviazioni assurde, passaggi angusti. Ogni svolta, affrontata con la timida speranza di percepire un bagliore che indicasse l'uscita, si disintegrava nell'ennesimo muro impenetrabile e gelido come il volto e le labbra di quei medici ormai avvezzi a comunicare condanne.
Era il suo corpo, ora, un labirinto, di respiri ed angosce, sussurri spezzati, voci rotte da incredulità, emozioni e lacrime nascoste. Notti con le pupille sbarrate a fissare un buio destinato a divenire compagno. Un labirinto dentro cui riecheggiava una parola, secca come una fucilata e dilaniante come uno scoppio nelle viscere.
Era lì il Minotauro. Bestia crudele e spietata che cresceva divorando ogni conforto che vagava debole in quel dedalo, tentando una fuga. Invano. 
Il filo di Arianna era ''via d'uscita'', l'unica. Si srotolava lungo la provinciale che costeggiava la scogliera. Accarezzato dal maestrale il corpo fu un salto che seppe di un attimo e di salsedine. La luce squarciò l'oscurità di quella trappola come la roccia fece con il suo petto. Un salto che fu uscita dal labirinto e fu morte del Minotauro.

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