Srotola il filo bianco. Lo attorciglia tra i polpastrelli, che impallidiscono dove affonda il nylon. Se lo passa tra i denti fissando la propria smorfia nello specchio (pulizia orale eseguita).
Si percepisce il fruscìo della fettuccia di tessuto che scorre decisa nell'occhiello metallico dopo l'iniziale tentennamento nell'imboccarlo. Si osserva il lento gioco delle dita che si passano la stringa, poi il guizzo dei tendini e un colpo secco (e la scarpa è allacciata).
Atti semplici, quotidiani; di un uomo qualunque.
Ed io, affondato nel divano e boccheggiante per l'afa, che chiudo gli occhi e quei gesti li immagino su un collo. Anzi, QUEL collo. Lo vedo pulsare impazzito per poi rilasciarsi asfittico. Vedo le mie mani afferrare una folle, diabolica fantasia e stringere... mentre scorrono le scene della sigla e sorrido.
Ben fatto, e tu hai avuto quel che meritavi.
Grazie, Dexter.
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